Victor Sabau
DALLA ROMANIA ALL’ITALIA: IL MIO VIAGGIO
Quando vivevamo in Romania, mio padre lavorava come
saldatore e carpentiere. Un giorno, però, ha perso il lavoro. Dopo due
settimane è partito per l’Italia per cercare lavoro là e l’ha trovato, ancora
come saldatore. Passato un anno, mia madre e mia sorella l’hanno
raggiunto. Così io e i miei fratelli siamo rimasti a
vivere insieme alla nonna, alla bisnonna e alla zia. Mi divertivo un sacco
perché non andavo a scuola, giocavo a nascondino nei boschi e con i miei amici
e i miei cugini avevamo costruito una capanna. Ma dopo due anni il divertimento è finito: i miei genitori
sono ritornati. Passati due mesi mio padre ha deciso che tutta la famiglia
doveva andare in Italia per rimanere lì. Il 12 ottobre 2009 abbiamo preparato
le valigie ed io ero molto emozionato perché dovevo
lasciare tutti i miei amici, i miei cugini e la ragazza che mi piaceva, che si
chiamava Mirabela. Siamo andati a letto alle sette di
sera, per poterci svegliare presto; i miei cugini sono scesi a mezzanotte a
salutarci, poi alle tre un nostro vicino è passato a prenderci in macchina per
portarci all’aeroporto di Timişoara. Quando
siamo arrivati lì erano le sei e mezza e siamo andati
al bar a fare colazione. L’aeroporto era grandissimo: dentro c’erano tanti bar,
i negozi, i poliziotti e i soldati che ci hanno anche perquisito. C’era brutto
tempo: stava per piovere mentre prendevamo il pullman
che ci ha portato all’aereo. Erano le sette e venti quando siamo saliti
sull’aereo. Dentro l’aereo era bellissimo. Io e mio fratello Daniel ci siamo seduti
vicino al finestrino e mio padre si è
seduto vicino a noi. Poi siamo partiti. Ogni fila delle sedie
comprendeva ottanta posti. Quando eravamo già
in volo sono arrivate due signorine che ci hanno spiegato come dovevamo fare in
caso di pericolo. Poi sono tornate e ci hanno offerto da mangiare panini e
patatine; però io non avevo tanta fame. Dal finestrino dell’aereo si vedevano
il mare, le montagne, le barche più grandi. Io e mio fratello ci divertivamo un
sacco. Ma noi non sapevamo come sarebbe stato in
Italia. Dopo quasi un’ora e venti minuti siamo arrivati: erano le otto e un
quarto. C’era bel tempo. L’aeroporto di Bergamo era più grande di quello in
Romania. Anche lì c’erano i bar, i negozi, e i
carabinieri che ci hanno perquisito, anche loro. Era qualcosa di molto strano,
non capivo cosa stava dicendo la gente che passava. L’italiano mi sembrava
difficilissimo. Abbiamo ritirato le valigie, siamo usciti e abbiamo preso il
pullman per la stazione. Arrivati alla stazione, abbiamo aspettato quasi
mezz‘ora perché c’era tanta gente, poi mio padre è andato alla biglietteria e
ha preso due biglietti. Dalla stazione siamo andati fino a Milano centrale. Anche lì abbiamo aspettato quasi dieci minuti. Da lì abbiamo
preso la metropolitana però lì abbiamo aspettato un
minuto, da lì abbiamo preso il treno per Abbiategrasso. Da Milano centrale ad
Abbiategrasso ci abbiamo
messo quasi un’ora. Arrivati lì mio padre con mia
madre e con mia sorella sono andati da un amico di mio padre. Io e i miei
fratelli più grandi siamo rimasti nel parco. Dopo quasi due ore sono tornati
indietro e ci hanno detto
che l’amico non era a casa. Era al lavoro e tornava alle sette di sera. I miei
genitori sono andati alla Caritas e hanno chiesto
aiuto per trovare un lavoro. Poi, quando sono tornati siamo andati tutti insieme a casa dell’amico di papà. La casa era di tre stanze, un angolo cucina con soggiorno e due
bagni. C’erano anche la cantina e un piccolo cortile. Siamo rimasti ad abitare lì per un mese.
Mentre stavamo là mio padre ci ha iscritto a scuola
nel mese di novembre. Dopo ci siamo trasferiti in una cascina, sempre ad
Abbiategrasso e abbiamo abitato lì per sei lunghi mesi. Era una cascina vecchia e oltre a noi ci
abitavano tre persone e un’altra famiglia. Dopo due o tre mesi mio padre e il
suo amico hanno trovato
una palestra, dove potevano allenare i pugili. Infatti
mio il papà era un campione di pugilato in Romania. Quando aveva la mia età, si allenava tutti i
giorni. Correva quasi dieci chilometri e quando tornava a casa dopo la sua
corsa, mangiava solamente un limone. Alcuni anni dopo ha iniziato a combattere
contro gli altri pugili della sua età. E’ arrivato a combattere anche in altri
paesi come la Bulgaria e l’ Ungheria. In palestra, il
mio papà, ha allenato anche mio fratello Daniel perché diventasse un grande pugile come lui. Grazie all’aiuto del capo della
palestra, io e la mia famiglia siamo finalmente
riusciti a trovare una casa a Magenta. Mi piaceva tanto la mia nuova città e
dalla nuova casa il mio papà poteva raggiungere la
palestra anche a piedi. Le belle giornate di sole mi permettevano di uscire nel
giardino a giocare a pallone con i miei fratelli. Nella nostra nuova casa c’era
una stanza tutta per me e per i miei fratelli più grandi, e un letto a castello
dove dormivo insieme a Daniel. Il tempo passava veloce
e ci divertivamo ma dovevamo andare a letto presto per
riuscire a svegliarci la mattina dopo. Non potevamo nemmeno guardare la
televisione con i nostri canali preferiti. In questa casa abbiamo abitato quasi
due mesi. Passati questi due mesi abbiamo cambiato di
nuovo casa perché la prima costava molto di più. Quando
abbiamo cambiato casa c’era brutto tempo e stava per piovere. Io ho aiutato a
fare le valige. La nuova casa era vicino al cimitero.
Era bello perché eravamo vicino alla fermata dell’autobus e io non vedevo l’ora
di vederla. La prima casa era piccola, poi ci siamo
spostati al secondo piano perché era più grande, come
la casa che avevamo in Romania. Avevamo una stanza per noi, ma in questa casa
non c’era il letto a castello, vicino alla finestra. Io e i miei
fratelli dormivamo nella stessa stanza: c’era un immenso e grandissimo armadio
pieno di tutti i nostri vestiti. Appeso al muro della mia stanza c’era un
grandissimo poster della mia squadra del cuore: L’INTER.
Oltre alla nostra stanza c’era anche quella dei miei genitori. Al primo impatto
Magenta mi sembrava una città sconosciuta, dove la gente parlava in un modo
abbastanza strano. In seguito ho scoperto che era il dialetto della città. E’
arrivata l’estate e ci siamo iscritti all’oratorio feriale.All’inizio credevo che l’oratorio fosse una
cosa per bambini. Il primo giorno non parlavo con nessuno,e
mi annoiavo un sacco. Non vedevo l’ora di andare a casa, poi ho fatto amicizia
e ho scoperto che l’oratorio era un posto piacevole in cui stare. Ogni giorno
iniziavo a divertimi di più. Lì stavamo a mangiare, ogni giovedì
andavamo in piscina ed era davvero bello,anche se la prima volta che
sono andato non sapevo nuotare ma dopo due giorni ho imparato. Ci divertivamo e
ci divertiamo ancora oggi. Ogni martedì si andava in
gita per esempio in montagna o al mare. La gita che mi é
piaciuta di più è stata quella a Gardaland, anche se
mi sono divertito molto anche al parco acquatico di Cilavegna.
Finita l’ estate mio padre ha cambiato lavoro: non
faceva più l’allenatore di pugilato ma il falegname, perchè
dove lavorava prima lo pagavano poco. Per poco tempo il mio papà ha lavorato
come cuoco a Cuggiono, e non ce la faceva a pagare la
casa dove abitavamo. Io e i miei fratelli più grandi abbiamo cambiato scuola e
ci siamo trasferiti da Abbiategrasso a Magenta: la scuola dove andiamo si
chiama scuola
media Francesco Baracca . Quando abbiamo iniziato una vita nuova sia per le
amicizie sia per la scuola, per cui ero un po’ triste
perché i compagni non erano come quelli dell’altra scuola. Prima non avevamo
nessun amico tranne uno che avevamo conosciuto all’oratorio feriale. Poi piano piano, io e mio fratello Daniel abbiamo
fatto amicizia con tre compagni e dopo con tutti gli altri. Le prof ci
chiedevano i libri ma noi non li avevamo. Un’amica di
mia madre ci ha comprato qualche libro, ma non avevamo ancora tutti il libri che ci servivano. Poi quella signora è venuta
con noi da Don Giovanni e gli ha chiesto se avrebbe potuto aiutarci a comprare
tutti i libri per la scuola e lui poco per volta ce li ha
comprati tutti. Don Giovanni ha iniziato ad aiutarci a fare anche i compiti
quando andavamo in oratorio a studiare e con il suo aiuto e quello di alcuni ragazzi più grandi prendevamo sempre dei bei voti
e le nostre prof erano contente di me e di mio fratello Daniel. Spesso però non andavamo
all’oratorio ma al parco a giocare con i nostri amici e con i nostri compagni
di scuola: giocavamo a calcio, a pallavolo e ci divertivamo un sacco e il tempo
passava veloce. Quando finivamo di giocare andavamo
tutti in piazza a mangiare il kebab. Da lì io e mio
fratello Daniel andavamo a casa e poi Daniel andava ad allenarsi in palestra per la
boxe. Infatti Daniel ogni lunedì, ancor oggi, va ad
allenarsi in palestra con mio padre. Anche io a casa
mi alleno un po’ così imparo a difendermi. Tutti i giorni andavamo a scuola a
piedi e quando ritornavamo da scuola andavamo a correre fine a Robecco. Al
ritorno noi andavamo a casa a mangiare la pasta e poi giocavamo alla
PlayStation2, poi alle quattro del pomeriggio uscivamo con i nostri amici. Però
facendo così andavamo male a scuola e prendevamo brutti voti, perciò io e i
miei fratelli abbiamo deciso di venire tutti i
pomeriggi in oratorio a studiare e a
fare i compiti con l’aiuto di alcuni amici più grandi. Dopo sette mesi, la
scuola ha deciso che tutti gli stranieri della mia scuola dovevano restare
anche a scuola anche di pomeriggio per imparare l’ Italiano.
Così anche io e i miei fratelli andiamo ai corsi
pomeridiani della scuola, che vanno dalle due e mezza alle quattro e mezza: il
lunedì facciamo matematica, il giovedì facciamo italiano e il venerdì facciamo
francese, sempre con i nostri stessi professori. Ogni tanto arrivano a casa mia
tutti i miei compagni. Uno dei miei amici ha come
soprannome Ugi e quando arriva a casa mia vuole
sempre fare la boxe ma io non voglio perché ho paura
di fargli male. A volte invece vado io a casa sua a giocare alla WI ed è
bellissimo. Mi piace moltissimo giocare con il suo cane, si chiama Luna ed è una
femmina, è molto grande ed è bianca e nera, assomiglia ad un husky. Sono molto contento di
essere arrivato in Italia e qui a Magenta ho trovato tantissimi amici e tante
brave persone che mi vogliono bene e che aiutano me e la mia famiglia. Spero
tanto di restare qui per molto tempo e di trovare sempre nuovi amici; nel
frattempo la mia storia eil mio viaggio continuano…