Camilla Pelosi

 

La perla

 

Era una notte movimentata, il temporale si abbatteva sulla città ed io mi agitavo per ogni cosa: i rumori, il battere della pioggia sui vetri, il cigolare della porta che proprio quella sera non mi dava tregua, perciò mi addormentai a stento.

Appena chiusi gli occhi mi ritrovai in un campo, feci girare lo sguardo dappertutto perché volevo sapere dove mi trovassi e, fu così che scoprii, che dietro a molti alberi ad alto, c’era un alto palo su cui era appoggiato un cartello azzurro con la scritta in bianco: Umandea. Ecco era questo il nome del villaggio, dove mi trovavo, ma io ero approdata in un campo del villaggio stesso, dove alcuni dei suoi abitanti si stavano addestrando alla guerra. Mi chiesi perché avesse quel nome ma lo capii dopo.

In quel campo non ero più Camilla ma Albabet, figlia di Artemide dea della saggezza e di un umano chiamato Costantino.

Appena varcata la sua soglia, mi ritrovai in mezzo a ferro e a fuoco. Proprio in quel campo avevo la capacità di prevedere il futuro, questo era stato da sempre il mio sogno, fin da quando ero bambina ed ora senza che me ne fossi accorta si era realizzato con mia enorme soddisfazione.

Ero in fibrillazione dall’emozione e dalla gioia, perché mai avrei potuto immaginare neppure lontanamente che possedessi la capacità di interpretare il futuro di ogni cosa e di ogni persona. Certo dovevo stare attenta a non dire chiaramente agli interessati se dovevano vivere alcuni momenti della vita molto negativi e mi dispiaceva arrecare cattive notizie alle persone che, si affidavano a me, proprio perché volevano sentirsi dire cose positive e favorevoli per la loro vita.

Solo allora capii che era sì bello conoscere il futuro, poiché avevo realizzato il mio sogno, ma era anche doloroso e malinconico conoscerlo, perché dovevo in seguito, comunicarlo alle persone interessate e capii che non sempre era facile dire come stavano le cose a degli esseri umani che si affidavano a noi veggenti per avere buone notizie e non certo cattive, anche se io ero costretta, a volte, a comunicare anche cose non proprio positive ma negative e perciò facevo una gran fatica a camuffarle un po’. 

Proprio in quel campo, scoprii che ero diventata una di loro e tutti si prodigavano affinché io imparassi a combattere per difendermi dagli avversari, dai quali, tutti gli abitanti del villaggio di Umandea, pur essendo semidei perché nati a metà fra una dea e un mortale, in effetti si dovevano difendere, perché spesso erano da questi assaliti per la conquista del territorio su cui erano entrambi confinanti e, ciascuno di loro si voleva appropriare di un pezzo di territorio avversario, per potersi allargare un po’. Infatti, i due territori erano estremamente ridotti. Da ciò la necessità che anch’io fossi addestrata alla lotta e gli abitanti di Umandea ci riuscirono davvero, anche se mai avrei immaginato di diventare esperta nelle armi. Io, in quel posto mi divertivo veramente anche perché, proprio in quel luogo, avevo incontrato un ragazzo che mi aveva colpito al cuore. Egli era chiamato Abydos, ma il nome non rispecchiava per niente tutto il suo fascino, infatti, egli era un ragazzo bellissimo da cui fui subito rapita.

 Era alto e snello, aveva i capelli biondi, gli occhi grandi dal colore del cielo, mi affascinava, lasciandomi muta, senza parole perché il suo sguardo riusciva a penetrarmi fin nelle radici del cuore. Era gentile e cordiale e sempre molto accorto nei miei confronti. Cercava di starmi vicino e di aiutarmi per qualsiasi cosa io necessitassi ed io gli ero molto grata e riconoscente perché se non avessi trovato lui nel villaggio di Umandea, sarei stata proprio una piccola ospite molto triste e sprovveduta.  Che splendido viaggio stavo facendo, vivendo questa bellissima storia!

Vivevo come in un sogno bellissimo, attorniata da luoghi e persone incantevoli, però ad un certo punto cominciai a sentire la nostalgia dei miei genitori e dei miei fratelli e amici e tutto ciò mi rendeva, a volte, debole e triste, perché li avevo improvvisamente lasciati e ora che avrei voluto condividere con loro ogni mia gioia ed emozione non li trovavo più vicino a me e, questo mi addolorava, anche se non capivo perché non li vedessi più, perché in sogno tutto diventa reale e non si notano più le differenze.

 Non mi rendevo conto che stavo sognando e quindi che stavo facendo un viaggio solamente nella mia fantasia notturna.

Ma, un giorno ebbi l’idea di chiedere a qualcuno se fosse stato possibile ritornare a casa per poter riabbracciare i miei cari. Non riuscivo più a sopportare che non vedessi accanto a me soprattutto il mio piccolo fratello che da sempre aveva accompagnato i miei giochi. Alexander mi era stato attaccato da quando era nato, perché io lo prendevo sempre in braccio e gli cantavo la ninna nanna. Raccontai tutto questo ad un giovane del villaggio, Luc che combatteva con me nel campo e con cui ero molto amica

Luc, figlio di Poseidone, dio dei mari, vedendomi sempre triste, si commosse e volle aiutarmi. Accettai fiduciosa il suo aiuto e stetti bene attenta a tutto ciò che mi diceva per uscire da questa situazione che ormai vivevo con un forte disagio tanto che commossi anche lui

Egli fu gentilissimo e mi spiegò che l’unico modo per tornare a casa dai miei familiari era di trovare una perla magica e poi esprimere un desiderio.

-Accidenti e come faccio a trovare questa perla se non so neppure nuotare? – Dissi disperata al giovane Luc. –

Ed egli con gentilezza e commozione mi disse che c’era qualcuno che mi avrebbe potuto aiutare. Ero curiosa di sapere chi fosse ed egli a me:

- Abydos, certamente! Perché solo lui con il suo amore nei tuoi confronti può essere agevolato da Nettuno nel ritrovare facilmente la perla che ti permetterà di uscire da qui. –

Allora, felice dell’idea di Luc, mi diressi nell’abitazione di Abydos che mi accolse molto cordialmente:

- Ciao cara Albabet, come mai da queste parti? –

- Abydos devo confessarti un segreto: ho un’infinita voglia di rivedere la mia famiglia e non so come fare, poiché Luc mi ha detto che per uscire dal villaggio mi serve la Perla ed io non so neppure nuotare, dovresti aiutarmi e cercarla tu per me, lo faresti caro?-

- Certo cara che ti aiuto però non lo posso fare da solo, c’è bisogno di un’altra persona e questa potrebbe essere Luc, non credi? –

- Sì, sì, Luc mi aiuterà senz’altro! Cosa devo dirgli di fare?

- Per ora niente, ma digli che domani mattina all’alba deve venire via con noi così tu rimarrai nella canoa perché non sai nuotare e Luc mi aiuterà certamente.-

La mattina seguente, alle quattro in punto ci trovammo sulla riva destra del mare di Ponente così tutti e tre assieme, pur avendo ansia e timore, calammo in mare la canoa e i due giovani remarono verso un punto profondo del mare per andare a pescare la perla magica che mi avrebbe ricondotta a casa dai miei cari.

Ero molto preoccupata e non credevo che i miei due cari amici mi avrebbero aiutata come invece fecero. Mentre si prodigavano a remare con una forza sovrumana anche perché non ero abituata a vedere persone che portavano le canoe, io ero abituata a navigare con navi da crociera e certamente nel sogno tutto era, per me, naturalissimo, mi accorgevo che ora più che Abydos mi piaceva Luc, guardavo la forza dei miei due giovani amici e il fisico atletico e asciutto di Luc, mi ispirava energia vitale e infatti fu proprio lui che si tuffò per primo e riuscì a scoprire dove era il posto in cui si presumeva si trovasse la perla magica. Abydos invece, pur mostrandosi prodigo nel volerla cercare, si manteneva sempre un passo indietro a Luc e forse fu proprio ciò a darmi fastidio e a far sì che io ammirassi più Luc di lui.

Luc, dopo aver fatto l’immersione, tornò a galla con un piccolo forziere e io rimasi delusa, perché credevo che dentro non ci fosse nulla. Abydos era un po’ deluso anch’egli, ma con nostro grande stupore, non appena aprimmo il piccolo forziere, trovammo una grandissima e bellissima perla che luccicava a secondo di come la prendevamo in mano. La mia gioia andò alle stelle, ma improvvisamente tutti e tre ci rattristammo, perché capimmo che così sarei sparita per mai più ritornare. Il sorriso mi si spezzo sulle labbra, perché non riuscivo a credere che mai più avrei rivisto i miei amici carissimi, entrambi cari al mio cuore. Non ero più tanto felice di tornare a casa, perché avevo realizzato che mi ero affezionata anche agli abitanti del villaggio Umandea. Riflettevo fra me e me di quanto fosse dura la separazione da chiunque e mettersi in viaggio per lasciare persone care, è un dolore sempre vivo, chiunque si lasci. Può essere la tua famiglia o possono essere i tuoi amici, comunque la separazione è un viaggio doloroso in qualsiasi maniera si faccia. Ecco questa era la mia situazione e i miei amici lo capirono semplicemente guardandomi, perché la tristezza traspariva da ogni mio poro e fu proprio Luc a prendere la parola per dire:

- Forza non lasciamoci prendere da inutili malinconie. La cosa più importante è che Tu, Albabet, possa tornare a casa per riabbracciare i tuoi cari che non vedranno l’ora di riaverti con loro. –

- Sì! – Rispose Abydos, - è proprio questa la cosa più importante, perché abbiamo fatto per te tutto ciò che era nelle nostre possibilità e ora non farti prendere dalla malinconia, ma va’, parti con gioia perché è in fondo ciò che veramente vuoi. –

Non era proprio vero, perché in fondo in fondo amavo quei due ragazzi e non riuscivo a capire quale scegliere perché erano adorabili entrambi.

Mentre mi stavo addolorando per la mia partenza, sento un terribile disagio e urlo come una matta, quando avverto la mano di una persona che cerca di soffocarmi. Apro improvvisamente gli occhi e vedo la mamma che, prende le coperte e me le toglie di dosso, urlando:

- Milly, è ora di andare a scuola, svegliati, non ti agitare, perché è tutta la notte che stai facendo la matta! –

Cielo, è stato solamente un sogno il mio splendido viaggio nel villaggio Umandea.