Alessandro
Balzaretti
Missione Ethernet
Sono molto giovane, anzi,
giovanissimo, ho 10 anni e, quasi sempre, sto
attaccato al computer. E’ stato proprio per questo motivo che sono finito dentro il computer di mio padre.
Voglio proprio raccontarvi
questa straordinaria avventura.
Era un
giovedì di dicembre, la neve continuava a scendere dal cielo con grossi fiocchi bianchi. Non si
poteva uscire, quindi sono rimasto a casa senza nulla da fare, mi annoiavo,
così ho deciso di fare una piccola ricerca sui Romani. Dovevo documentarmi per
la verifica di gennaio, allora andai nella camera di mio padre, dove si trovava
il computer. Aveva un’aria innocua, eppure quello era la porta dell’altro
mondo, un mondo diverso dal nostro, abitato da numeri, siti e documenti, di cui
non si conosce nemmeno il nome. Sicuramente io non lo sapevo
ed era proprio questo il problema.
Mi sedetti su una sedia
accanto alla scrivania, incominciai a cliccare su internet, su wikipedia e
scrissi, rapidamente, “Romani”. Ne uscì una ricerca abbondante per la verifica
di gennaio. La stampai e sottolineai le frasi più
importanti per poi farne un breve riassunto.
Proprio nel momento più
normale di una giornata di dicembre comparve una luce bianca. All’inizio pensai
che fosse un’apparizione della Madonna, poi capii che era tutt’altra cosa. Ci
furono fulmini, tuoni, lampi…tutto quanto si poteva immaginare, fino a quando…
Beh,
fino a quando mi ritrovai in una città che sembrava New York che, al posto dei
grattacieli, aveva delle montagne di numeri. All’inizio ero un po’ spaventato ma poi
mi abituai. Delle creature dalla faccia rettangolare e altre dalla faccia a
forma di busta passavano nelle strade asfaltate della città. Su un cartellone
gigantesco, a caratteri cubitali, c’era scritto INTERNETPOLIS. Ero un po’
divertito, un po’ spaventato. Camminai cautamente per non farmi notare: un
umano in una città di mostri? Era
strano, ma nessuno mi notava, tutti osservavano un grande
cerchio contornato da milioni di miliardi di siti.
Camminai in un negozio. Il
venditore, un ragazzo (o almeno sembrava un ragazzo) di 24 anni, aveva un viso con una scatola di pennelli colorati.
Faticai a riconoscerlo.
-Vuole qualcosa? C’è una
spremuta di documenti alla banana, una frittata di bulloni fritti …
Da quel momento non lo
ascoltai più, ordinai una frittata di bulloni fritti e uscii dal negozio. Non
mi potevo certo lamentare: l’ambiente era accogliente e i cibi pure buoni, ma
c’era qualcosa che mi preoccupava: come sarei riuscito a
uscire da quel coso?
Mi sedetti
su una panchina, un fiume verde (chissà perché verde e non azzurro) occupava
il centro città. C’erano molte fabbriche di siti, allora mi domandai se avevano
anche un giornale.
Andai dal giornalaio, in
un’edicola gigantesca e alta. Lessi le testate dei giornali:
‘Il Sito’, ‘Il Corriere dei Siti’… Scelsi ‘Il Sito’, era molto
interessante e gli argomenti erano stati scelti
con cura.
Camminai sul bordo del
marciapiede di ferro. Una metropolitana passò a grande
velocità nei sotterranei di Internetpolis. Era divertente essere all’interno di
un computer, ma mi sembrava troppo facile. Infatti,
non pochi giorni dopo, scoprii una brutta sorpresa…
Mio padre aveva scoperto
che c’era un virus!! Chi era quel virus? Dove si trovava? Mi feci tutte le
domande possibili e immaginabili, poi pensai: “E se il virus sono io??”
Non finii a farmi la
domanda che due grosse guardie di ferro mi presero e mi portarono in prigione.
Ero terrorizzato. Finalmente capii che il virus ero io e non potevo farci
nulla, prima o poi mi avrebbero eliminato sicuramente.
Appoggiai il giornale che avevo ancora in mano in una
sedia nella cella. Pensai e pensai, ma non riuscii a cavarne niente, era tardi
e non avevo tempo per tornare a casa mia. Dalla finestra a sbarre intravidi
quelle montagne di siti che occupavano la pianura del computer di mio padre.
Trovai un piccolo ma utile
sasso appuntito. Con quello avrei potuto togliere, poco per volta, un masso
dopo l’altro, scavando una piccola fessura tra di
essi. Dopo aver tolto circa quattro massi riuscii a passare nel lungo corridoio
vuoto. Per mia fortuna una sola guardia restava a sorvegliare l’uscita dal
corridoio che avrebbe poi portato alle scale e dopo verso l’uscita
dell’edificio. Cautamente e silenziosamente sgusciai dal
corridoio, dalle scale e infine uscii dalla prigione.
Dovevo raggiungere la
memoria del computer dove, attraverso un cavo chiamato ethernet, potevo
ritornare nel mio mondo. Ecco la Missione Ethernet: molto semplice ma allo
stesso tempo difficile; una mossa sbagliata sarebbe stata fatale. Corsi
velocemente nelle strade di Internetpolis, per poi
arrivare alla memoria interna del computer. Non sapevo bene dove si trovava, mi
bastava semplicemente chiedere informazioni ai passanti.
E’ stato proprio nel centro
città che vidi una figura familiare: era mio padre!!!
Com’era entrato nel computer? Corsi verso di lui, che mi salutò con un cenno di
mano.
-Papà, sai…ho visto una
luce, dei rumori e poi…e poi…
-Non preoccuparti: anche a
me è successo. Sei diretto alla memoria interna?
-Sì. In cella ho pensato
che, se uscirò da questo coso, scriverò un libro sulla nostra straordinaria
avventura…
In un momento assolutamente
normale, l’urlo di un uomo ci terrorizzò: -Ecco, sono loro gli intrusi!
Prendiamoli!
Un mucchio di persone (se
si potevano definire persone) lo seguirono. Andavano
verso di noi ad alta velocità.
Noi corremmo via verso un viale alberato pieno di magnolie giganti. Io mi nascosi
dietro una di quelle, mio padre dietro un cespuglio.
Dovevamo restare lì per moltissimo tempo, altrimenti non ne saremmo
usciti vivi dal computer. Mi voltai un attimo: una di quelle creature mi
stava fissando, sapevo che voleva portami per l’ennesima volta in una di quelle
orribili prigioni grigie e ammuffite. Il solo pensiero mi fece girare la testa,
cercai di non pensarci ma non ci riuscivo. La solita creatura mi stava
fissando. Non era un nemico, perché non mi fece niente, era molto simpatico ed
aveva la mia età. Lui sorrise, anch’io sorrisi.
-Ciao, sono Paint e ti voglio aiutare a scappare, prima che con il
Grande Clic tu venga eliminato.
Volevo fare amicizia con lui,
ma ormai era troppo tardi. Mio padre mi chiamò:
-Via libera: dobbiamo
andare!
Salutai Paint
e andai con mio papà verso l’uscita finale del computer.
Sembrava un videogioco, ma
molto più pericoloso. Uscito da quel maledetto coso non avrei mai più usato il
computer, solo in momenti opportuni, tipo un compito di informatica
o una ricerca di storia. Semmai me lo facevo fare dai miei
genitori.
Il tempo passava in fretta
nonostante fosse inverno, a Internetpolis faceva un
freddo da Finlandia e noi dovevamo raggiungere la memoria interna del computer.
Si trovava in Piazza Internet VIII, tra il Municipio e la cattedrale. Un
gigantesco cono pieno di minuscole catene (secondo me
erano i siti) incombeva nella piazza. Intorno c’erano turisti curiosi con delle
macchine fotografiche che fotografavano la fontana, i glicini (che pendevano
come salici piangenti dai muri del Municipio) la chiesa ed il resto.
-Credo sia
quella là, vicino alla fontana…-esultò mio padre indicando quel cono in
piazza.
-Dobbiamo saltarci dentro,
altrimenti non ce la faremo!!!
Uno… due… tre…Non ne avevo il coraggio: ero terrorizzato e pieno di paura,
forse dovevamo rimandarlo…Quattro… cinque… sei…Sì: dovevamo rimandarlo; non ce
la facevo, ma ormai era troppo tardi…Sette… otto… nove…Ed ecco il momento
cruciale…
Dieci!!!
Saltammo in quel tornado
infuriato che ci avvolgeva come una nebbia che non prometteva nulla di buono,
l’aria era fredda, troppo fredda per resistere!!
Poi, alla fine, ci
ritrovammo nella camera di mio padre, piena di libri e al caldo. Avevamo in
mente di dimenticare per sempre questa avventura, per
sempre! Allora decisi di scrivere un racconto su tutto ciò che mi è successo,
ed è proprio quello che avete letto.