Margherita Bodini

Linee

Itinerari e incontri nell’odiosamata area metropolitana milanese

Prologo

Aeroporto MXP 2000 – arrivi internazionali

 

Volo dalla Catalunya atterrato in orario nonostante la nebbia. Breve attesa estenuante. Stretto abbraccio. Bacio. Un altro e altri venti, un’ora circa sulle poltrone a rimirarsi.

Lui e Lei, i personaggi.

Metropoli milanese, il luogo.

Inverno, il tempo.

Tre giorni

Linea rossa – fermata Duomo

Occhi di Lui fissi sul bianco della pietra preziosa in mezzo alla enorme piazza, regno indiscusso dei colombi. Figure d’Africa li inseguono, cercando di vendere fili colorati. Lei lo trascina nel buio gotico, fra colonne giganti che non si riescono ad abbracciare. Tele dipinte che pendono dal niente. Ci si può baciare nel Dòm de Milàn?

Linea verde – fermata Cadorna

Al castello.

A passeggio tra il rosso delle mura, capitelli decapitati e abbandonati sotto a un portico. Lei e Lui su una balconata ingnorata da tutti parlano di Spagna del sud, Alhambra e Andalusìa. Desiderio di caldo e afa nei due umidi gradi padani. Piedi irrigiditi e nasi da bevitori di grappa.

A passeggio nel parco, su e giù dal ponticello, anatre impertinenti in osservazione. Silenzio e solitudine su una panchina. Rari passanti guinzagli cani adolescenti podisti sguardi distratti. Lui legge il libro italiano di Lei, zero errori. Lei lo strattona, lo deride, lo distrae. Non c’è gusto, sei troppo bravo.

Al café della Triennale.

Tè liquirizia-finocchio selvatico su sedie bianche di design. Come vicini di tavolo un’insolita coppia italiana: papà e bebè alle prese con la merenda. Bimba offre pezzi di torta sbausciati. Lei e Lui ringraziano gentili ma non hanno fame. Sfogliano La Repubblica senza vederne i titoli. Passano un articolo su una protesta a Barcellona. Alla pagina calcistica Lui strappa il foglio e Lei riceve la sua prima lezione d’arabo: la mano di Lui traccia linee curve rette miste spezzate, poligoni. Lei e l’incredulità di fronte a un codice linguistico tra la geometria del liceo e il corsivo di terza elementare. L’impronunciabilità - un altro capitolo. Passato in analisi l’intero alfabeto, Lui scrive il nome di Lei e poi copia da una bustina sukkar, zucchero. L’arabo diventa la lingua più dolce del mondo.

Alla libreria Utopia.

Lei e Lui si riparano dal freddo sottozero sfogliando libri all’ora di cena. Lui è distratto, Lei parla di niente. Trovano un tavolino nella libreria e si cercano con le mani. Ad un bancone con olive e campari Vecchio di Biancobarbuto blatera e discute con Intellettuale Occhialenero. Grida e olive volanti, Palestina Israele Hamas parolacce e insulti, insolita voglia di comunicare in una città che sembra non avere mai tempo per ascoltare qualcuno. Eau de vin rouge aleggia attorno alla barba bianca. Lui e Lei sogghignano e restano ad origliare con piacere questo istante di comunicatività pura.


Linea verde – fermata Garibaldi

 

Dietro la stazione.

Sacchi neri, scatoloni marroni. Dentro, sacchi e scatoloni, marroni e neri. Ondeggiano e si muovono, emettono aliti di vapore, vivono. Bottiglia russa, vetro trasparente in frantumi accanto al sacco vivente. Sacchetto di carta unta come cuscino. Lei e Lui scivolano silenziosi a fianco della montagna di plastica che respira, sentendosi in colpa per i propri vestiti caldi. Sfiorano coi piedi sottilissime strisce di aiuole decedute in tempi ormai mitici e lontani. Sottilissime strisce di aiuole molto più razionalmente adattate a canali per la spazzatura spiccia in volo dal finestrino. Funzionalismo metropolitano, altissima ingegneria civile. Marciapiede in lastricato grigio si stende liscio alla vista, fondendosi poi con elegante lastricato color antracite. Di lato corre muro grigio pallido, sopra la testa ponte grigio cenerino copre per un attimo il sole d’inverno. All’orizzonte altissimo palazzo - grigio - si erge immobile, tagliando una densa striscia azzurrognola e opaca, posatasi nell’aria. Traffico clacson pneumatici asfalto sgommate clacson. Odore di PM10. Le narici confermano le previsioni del quotidiano del giorno prima circa la qualità dell’aria nel capoluogo: pessima.

Lui: Pessima, aggettivo che non lascia spazio ad interpretazioni.

Lei: Ti sei soffiato il naso ieri sera, prima di andare a dormire?

Lui: ?

Lei: Dopo una giornata a Milano è d’obbligo per me controllare quanto il fazzoletto diventi nero.

Proseguono a piedi nel reticolato cacofonico di strade. Due, tre semafori arroccati a un incrocio li costringono a fare pausa e a schiacciarsi i piedi a vicenda. Un metro quadrato che si trasforma in riserva naturale per qualche secondo. Verde!

Al cimitero monumentale.

Visitatori ammoniti prontamente a grandi lettere: SILENZIO E RISPETTO

Popoli del sud si annoiano nel vendere fiori all’ingresso. Signora in pelliccia, età: 60. Seconda signora, visone lucido: 60 plus. Uomo giacca e cravatta, mocassino, cellulare all’orecchio, età: 50. Coppia, pelliccia e cravatta, età: 70 plus. Lui e Lei in jeans e pantalone scozzese aderente, giacca da neve e giacca milletasche, sciarpa, zaino, età: 25 minus. Passeggiano tra le tombe. Sculture che si evolvono in verticale a coprire corpi distesi in orizzontale. Aspirare al paradiso dopo essere stati peccatori molto terreni.

Lui: Capiterà anche a noi?

Lei: Prima o poi. Il mio cimitero preferito è Skogskyrkogården, a sud di Stoccolma. Un bosco che è stato trasformato in camposanto, pietre incise tra pini e abeti. Lo conosci?

Lui: E’ anche il mio preferito. C’è la mia nonna là.

Cric crac della neve ghiacciata sotto i piedi, ghiaia, marmo gelido che scivola. Uccelli, canto e sbattito d’ali. Tonfi di neve giù dai monumenti. Tonfi di neve giù dagli alberi. Lei e Lui unici viventi. Attratti dal bianco, sdraiati per terra su un quadrato di sole. Gatta nerissima occhio azzurrissimo passeggia sulle lore pance; un orecchio tagliato a metà, struscia la testa sulla testa di Lei, sulla gamba di Lui. Grazie, gatta.

Lei: Anche questo cimitero è bello, non si sente nulla di ciò che sta fuori.

Lui: A proposito: SILENZIO è “non far rumore”, ma RISPETTO… è un concetto meno arbitrario.

Lei: “Non infastidire nessuno”?

Lui: Prendere il sole fra le tombe non fa male a nessuno, no?

Lei: No. Finchè non arriva il guardiano e ci impone il rispetto in tutta la sua arbitrarietà, ovvio.

Lui: Non arriverà.

Alita calore nell’orecchio di Lei e canta  Camarón de la Isla.

Al Padre Santo de Roma,
le tengo que preguntar
si los pecados que tengo
si los pecados que tengo,
si los pecados que tengo,
me los puede perdonar.
[…]

Tú eres la mar,

yo soy la arena,

yo voy contigo,

dónde tú quieras

Lailolailolailo, leilo…

Lei appoggia un po’ di neve sulla guancia di Lui. Si scioglie subito e cola veloce giù per il collo.

Lei: Hai dei bei denti. Denti di figlio di dentista!

Lui si vergogna e scuote la testa, ride. In fondo pieno di sé dal complimento, morde forte la guancia di Lei. L’ho fatto con cariño!

Un grido acuto dall’altra parte del vialetto. Una tizia sobbalza con tanto di berretto pom-pon fuxia e macchina fotografica usa e getta da un'altra era. Lei si muove sul fianco di Lui per mostrare d’esser viva. Che spavento! Non potevate scegliervi un posto migliore?!

All’uscita.

Jeans e sederi bagnati dalla neve. Camillo e Arrigo Boito si imbattono piacevolmente in Lei e Lui. Se solo avessimo un fiore! Tombe illustri di scapigliati modelli di vita, proteggeteci nei secoli dei secoli.

Linea verde – fermata Romolo

Sulle sponde del Naviglio.

L’acqua verde scivola con le sue alghe lente, non si affretta in nessun luogo. Un ponte ricurvo e un uomo color carbone che lo attraversa, tre pesanti borse della spesa.

Lui: Vieni? Io… impazzisco.

Portiere di triste albergo, fragranza alla nicotina, non spreca il suo fiato prezioso. Cenni del capo, mugugni indecifrabili. Lei e Lui lo ignorano, ridono in silenzio, salgono.

Lei legge le prime due pagine del libro di Lui in castigliano. Mille errori di pronuncia. Lei capisce nulla e Lui le bacia i capelli. Poi il collo e le mani. Dio mio! il paradiso lo si raggiunge anche da vivi.

Passante 56

 fermata dispersa su solitario binario dell’hinterland

Al piazzale della stazione.

Vagoni luridi si allontanano ansimando nella notte. Lei offre a Lui un’intima ed elegantissima cena in auto, coi resti della propria cucina: zucchine lesse, spaghetti al sugo, panino al salame, arancia e tè caldo. Lo guarda mangiare con musica catalana in sottofondo, corde di chitarra gridano acute. Il freddo d’inverno sibila tra le fessure dell’auto, ma non vi entra. Monologo di Lui sui lati ignoti della storia della propria vita, con tanto di prove fotografiche dagli anni ‘90. Lei guarda Lui e le foto e ascolta il monologo e la rumba e non sa cosa la scuota di più.

Lei: Gli occhi più intelligenti rintracciabili in città.

Lui fa silenzio per la prima volta.

Muy preciosa.

Epilogo

Aeroporto MXP 2000 – partenze internazionali

Al parcheggio.

Lui: Milano mi piace, nonostante il PM10.

Un ultimo flamenco in auto; il flamenco è triste, rieccheggia nelle orecchie a lungo, insieme al battito affannoso delle mani.

Saluto davanti al metal detector col personale di terra che fa da pubblico.

Soy feliz.

Lei guida a 110 all’ora, attraversando un mare di latte all’imbrunire, sentendo soltanto il rumore dei suoi pensieri. Lui rimira il Mediterraneo dall’alto, nel punto in cui raggiunge i suoi inimmaginabili 3.000 metri di profondità.