Itinerari e
incontri nell’odiosamata area metropolitana milanese
Prologo
Aeroporto
MXP 2000 – arrivi internazionali
Volo dalla Catalunya atterrato in
orario nonostante la nebbia. Breve attesa estenuante. Stretto abbraccio. Bacio.
Un altro e altri venti, un’ora circa sulle poltrone a rimirarsi.
Lui e Lei, i personaggi.
Metropoli milanese, il luogo.
Inverno, il tempo.
Tre giorni
Linea rossa
– fermata Duomo
Occhi di
Lui fissi sul bianco della pietra preziosa in mezzo alla enorme piazza, regno
indiscusso dei colombi. Figure d’Africa li inseguono, cercando di vendere fili
colorati. Lei lo trascina nel buio gotico, fra colonne giganti che non si
riescono ad abbracciare. Tele dipinte che pendono dal niente. Ci si può
baciare nel Dòm de Milàn?
Linea verde
– fermata Cadorna
Al
castello.
A passeggio
tra il rosso delle mura, capitelli decapitati e abbandonati sotto a un portico.
Lei e Lui su una balconata ingnorata da tutti parlano
di Spagna del sud, Alhambra e Andalusìa.
Desiderio di caldo e afa nei due umidi gradi padani. Piedi irrigiditi e nasi da
bevitori di grappa.
A passeggio
nel parco, su e giù dal ponticello, anatre impertinenti in osservazione.
Silenzio e solitudine su una panchina. Rari passanti guinzagli cani adolescenti
podisti sguardi distratti. Lui legge il libro italiano di Lei, zero errori. Lei
lo strattona, lo deride, lo distrae. Non c’è gusto, sei troppo bravo.
Al café della Triennale.
Tè
liquirizia-finocchio selvatico su sedie bianche di design. Come vicini di
tavolo un’insolita coppia italiana: papà e bebè alle prese con la merenda.
Bimba offre pezzi di torta sbausciati. Lei e Lui
ringraziano gentili ma non hanno fame. Sfogliano La Repubblica senza vederne i
titoli. Passano un articolo su una protesta a Barcellona. Alla pagina calcistica
Lui strappa il foglio e Lei riceve la sua prima lezione d’arabo: la mano di Lui
traccia linee curve rette miste spezzate, poligoni. Lei e l’incredulità di
fronte a un codice linguistico tra la geometria del liceo e il corsivo di terza
elementare. L’impronunciabilità - un altro capitolo.
Passato in analisi l’intero alfabeto, Lui scrive il nome di Lei e poi copia da
una bustina sukkar, zucchero. L’arabo diventa
la lingua più dolce del mondo.
Alla
libreria Utopia.
Lei e Lui
si riparano dal freddo sottozero sfogliando libri all’ora di cena. Lui è
distratto, Lei parla di niente. Trovano un tavolino nella libreria e si cercano
con le mani. Ad un bancone con olive e campari
Vecchio di Biancobarbuto blatera e discute con
Intellettuale Occhialenero. Grida e olive volanti,
Palestina Israele Hamas parolacce e insulti, insolita voglia di comunicare in
una città che sembra non avere mai tempo per ascoltare qualcuno. Eau de vin rouge aleggia attorno alla barba bianca. Lui e Lei
sogghignano e restano ad origliare con piacere questo istante di comunicatività
pura.
Linea verde
– fermata Garibaldi
Dietro la
stazione.
Sacchi
neri, scatoloni marroni. Dentro, sacchi e scatoloni, marroni e neri. Ondeggiano
e si muovono, emettono aliti di vapore, vivono. Bottiglia russa, vetro trasparente
in frantumi accanto al sacco vivente. Sacchetto di carta unta come cuscino. Lei
e Lui scivolano silenziosi a fianco della montagna di plastica che respira,
sentendosi in colpa per i propri vestiti caldi. Sfiorano coi piedi sottilissime
strisce di aiuole decedute in tempi ormai mitici e lontani. Sottilissime
strisce di aiuole molto più razionalmente adattate a canali per la spazzatura
spiccia in volo dal finestrino. Funzionalismo metropolitano, altissima
ingegneria civile. Marciapiede in lastricato grigio si stende liscio alla
vista, fondendosi poi con elegante lastricato color antracite. Di lato corre
muro grigio pallido, sopra la testa ponte grigio cenerino copre per un attimo
il sole d’inverno. All’orizzonte altissimo palazzo - grigio - si erge immobile,
tagliando una densa striscia azzurrognola e opaca, posatasi nell’aria. Traffico
clacson pneumatici asfalto sgommate clacson. Odore di PM10. Le narici
confermano le previsioni del quotidiano del giorno prima circa la qualità
dell’aria nel capoluogo: pessima.
Lui:
Pessima, aggettivo che non lascia spazio ad interpretazioni.
Lei: Ti sei
soffiato il naso ieri sera, prima di andare a dormire?
Lui: ?
Lei: Dopo
una giornata a Milano è d’obbligo per me controllare quanto il fazzoletto
diventi nero.
Proseguono
a piedi nel reticolato cacofonico di strade. Due, tre semafori arroccati a un
incrocio li costringono a fare pausa e a schiacciarsi i piedi a vicenda. Un
metro quadrato che si trasforma in riserva naturale per qualche secondo. Verde!
Al cimitero
monumentale.
Visitatori
ammoniti prontamente a grandi lettere: SILENZIO E RISPETTO
Popoli del
sud si annoiano nel vendere fiori all’ingresso. Signora in pelliccia, età: 60.
Seconda signora, visone lucido: 60 plus. Uomo giacca e cravatta, mocassino,
cellulare all’orecchio, età: 50. Coppia, pelliccia e cravatta, età: 70 plus.
Lui e Lei in jeans e pantalone scozzese aderente, giacca da neve e giacca milletasche, sciarpa, zaino, età: 25 minus.
Passeggiano tra le tombe. Sculture che si evolvono in verticale a coprire corpi
distesi in orizzontale. Aspirare al paradiso dopo essere stati peccatori molto
terreni.
Lui:
Capiterà anche a noi?
Lei: Prima
o poi. Il mio cimitero preferito è Skogskyrkogården,
a sud di Stoccolma. Un bosco che è stato trasformato in camposanto, pietre
incise tra pini e abeti. Lo conosci?
Lui: E’
anche il mio preferito. C’è la mia nonna là.
Cric crac
della neve ghiacciata sotto i piedi, ghiaia, marmo gelido che scivola. Uccelli,
canto e sbattito d’ali. Tonfi di neve giù dai
monumenti. Tonfi di neve giù dagli alberi. Lei e Lui unici viventi. Attratti
dal bianco, sdraiati per terra su un quadrato di sole. Gatta nerissima occhio
azzurrissimo passeggia sulle lore pance; un orecchio
tagliato a metà, struscia la testa sulla testa di Lei, sulla gamba di Lui. Grazie,
gatta.
Lei: Anche
questo cimitero è bello, non si sente nulla di ciò che sta fuori.
Lui: A
proposito: SILENZIO è “non far rumore”, ma RISPETTO…
è un concetto meno arbitrario.
Lei: “Non
infastidire nessuno”?
Lui:
Prendere il sole fra le tombe non fa male a nessuno, no?
Lei: No. Finchè non arriva il guardiano e ci impone il rispetto in
tutta la sua arbitrarietà, ovvio.
Lui: Non
arriverà.
Alita
calore nell’orecchio di Lei e canta Camarón de la Isla.
Al Padre Santo de Roma,
le tengo que preguntar
si los pecados que tengo
si los pecados que tengo,
si los pecados que tengo,
me los puede perdonar.
[…]
Tú eres la mar,
yo soy la arena,
yo voy contigo,
dónde tú quieras
Lailolailolailo, leilo…
Lei
appoggia un po’ di neve sulla guancia di Lui. Si scioglie subito e cola veloce
giù per il collo.
Lei: Hai
dei bei denti. Denti di figlio di dentista!
Lui si
vergogna e scuote la testa, ride. In fondo pieno di sé dal complimento, morde
forte la guancia di Lei. L’ho fatto con cariño!
Un grido
acuto dall’altra parte del vialetto. Una tizia sobbalza con tanto di berretto
pom-pon fuxia e macchina fotografica usa e getta da
un'altra era. Lei si muove sul fianco di Lui per mostrare d’esser viva. Che
spavento! Non potevate scegliervi un posto migliore?!
All’uscita.
Jeans e
sederi bagnati dalla neve. Camillo e Arrigo Boito si imbattono piacevolmente in
Lei e Lui. Se solo avessimo un fiore! Tombe illustri di scapigliati modelli
di vita, proteggeteci nei secoli dei secoli.
Linea verde
– fermata Romolo
Sulle
sponde del Naviglio.
L’acqua
verde scivola con le sue alghe lente, non si affretta in nessun luogo. Un ponte
ricurvo e un uomo color carbone che lo attraversa, tre pesanti borse della
spesa.
Lui: Vieni?
Io… impazzisco.
Portiere di
triste albergo, fragranza alla nicotina, non spreca il suo fiato prezioso.
Cenni del capo, mugugni indecifrabili. Lei e Lui lo ignorano, ridono in
silenzio, salgono.
Lei legge
le prime due pagine del libro di Lui in castigliano. Mille errori di pronuncia.
Lei capisce nulla e Lui le bacia i capelli. Poi il collo e le mani. Dio mio!
il paradiso lo si raggiunge anche da vivi.
Passante 56
fermata dispersa su solitario binario
dell’hinterland
Al piazzale della stazione.
Vagoni
luridi si allontanano ansimando nella notte. Lei offre a Lui un’intima ed
elegantissima cena in auto, coi resti della propria cucina: zucchine lesse,
spaghetti al sugo, panino al salame, arancia e tè caldo. Lo guarda mangiare con
musica catalana in sottofondo, corde di chitarra gridano acute. Il freddo
d’inverno sibila tra le fessure dell’auto, ma non vi entra. Monologo di Lui sui
lati ignoti della storia della propria vita, con tanto di prove fotografiche
dagli anni ‘90. Lei guarda Lui e le foto e ascolta il monologo e la rumba e non
sa cosa la scuota di più.
Lei: Gli occhi
più intelligenti rintracciabili in città.
Lui fa
silenzio per la prima volta.
Muy preciosa.
Epilogo
Aeroporto MXP 2000 – partenze internazionali
Al
parcheggio.
Lui: Milano
mi piace, nonostante il PM10.
Un ultimo
flamenco in auto; il flamenco è triste, rieccheggia
nelle orecchie a lungo, insieme al battito affannoso delle mani.
Saluto
davanti al metal detector col personale di terra che fa da pubblico.
Soy feliz.
Lei guida a
110 all’ora, attraversando un mare di latte all’imbrunire, sentendo soltanto il
rumore dei suoi pensieri. Lui rimira il Mediterraneo dall’alto, nel punto in
cui raggiunge i suoi inimmaginabili 3.000 metri di profondità.