PARTIRE, ARRIVARE, RIPARTIRE, TORNARE

 

Cristina Fumagalli

 

 

26 aprile 2007

Parto per Santiago e porto…

 

Una maglietta a maniche lunghe, rossa. Una maglietta a mezze maniche. Rossa anche lei.

Appena uscita dalla Decathlon la domanda è stata: “E se incontro un toro?” Una maglietta senza maniche e scollata.

Cercherò di evitare l’abbronzatura da muratore in vista del matrimonio. Promesso. Un paio di pantaloni lunghi. Un paio di pantaloncini corti. 640 grammi di sacco a pelo. Una camicia in pile. Un asciugamanino tecnico. Rosa. 42 x 54 cm. Sognerò un telo mare alla fine delle mie docce. Una camicia a maniche lunghe. Tela azzurra a quadretti macchiata di rosso.

Segni di terra d’Africa che non vengono più via nonostante i lavaggi. Un paio di infradito rosa shocking. Vengono dall’Africa.

Nazioni intere camminano con queste fette di plastica sotto i piedi. E certo non perché devono ridurre il peso dello zaino. Lo zaino nero e giallo. Compagno di tante montagne e di tanti viaggi. Un topolino di pezza appeso allo zaino. Non pesa niente. Dice tanto di un’amicizia che continua oltre le distanze e il dislivello. Un foulard di stoffa leggerissima. Servirà per il sole del cammino.

Contro l’aria della sera. Servirà come federa. E come pareo. La paura di non farcela. Tutte le ore passate a camminare da gennaio nella mia vita di sempre. I tempi lenti di questo strano modo di muoversi in una città che si sposta in macchina. La ricerca di spazi verdi.

Gli scarponi. Quelli di sempre. Suole consumate dai tanti passi. La certezza delle vesciche. Metri di cerotto per cercare di prevenire.

Il ricordo dei primi 150 chilometri su quel cammino, anni fa. Il ricordo della piazza di Santiago.

Delle lacrime piante dentro quella cattedrale.

La pelle d’oca di quel avvicinarsi. La bellezza di quel camminare. La voglia e la paura dei 200 chilometri tra Burgos e Leon.

Strada dritta in mezzo ai campi di grano. Chissà come sarà camminarci dentro per una settimana.

Il desiderio di oceano. La voglia di arrivare a Finisterre. La voglia di mare. Di fine. Di immensa potenzialità. Il nostro mondo.

45 cartine di www.worldmapper.org. 45 immagini per ricordarmi ogni giorno degli altri. Per portare questo nostro mondo dentro il cuore. Nelle preghiere. Nei passi. La guida di Santiago. Comprata anni fa. Quando fare tutto il cammino era solo un’idea matta.

Un sogno strano ed impulsivo. Un quaderno. Una penna. La sveglia. Un orologio da tenere appeso fuori dallo zaino.

La macchina fotografica. Sperando di non perderla. Un sasso. Lo lascerò alla Cruz de Hierro. Così vuole la tradizione. Viene da Solto.

Da un mucchio di sassi raccolti nel corso degli anni. Ha dentro la mia storia. Ha dentro la storia della mia famiglia. Le mie radici.

Il papà. La mamma. Forse un altro sasso. Del rifugio Gemelli. Avrebbe dentro vita, dolore, vera felicità delle ultime estati.

Chissà se riesce a scendere. La voglia di arrivare. La difficile consapevolezza che la meta non è Santiago, ma il cammino. Il cellulare. Alla fine sì, il cellulare. Lo terrò spento durante il giorno. Sapone di Marsiglia che va bene per tutto. Panni. Capelli. Corpo.

Il portasapone in plastica blu che mi ha prestato il papà. Era quello che usava nei suoi viaggi. Tre cambi di biancheria. Tre calzini.

Forse un paio di calzini a righe per la sera. Spazzolino e dentifricio. Crema per il sole. Le facce dei due pellegrini del Torino - Milano.

La loro pelle cotta dal sole. Gli occhi che avevano. Pieni di vita. Di felicità profonda. La voglia di cielo. Di prati. Di boschi. Di terra.

Di verde. La voglia di stare dentro la natura. Di respirare a pieni polmoni. Di sole e aria sulla pelle. La mia collana di sempre.

Spago, bronzo, legno. Dice tanto di me. La voglia di stanchezza. Di arrivare sudata e a pezzi alla fine delle mie giornate.

Di svegliarmi il mattino dopo, alla fine di una notte di sonno. Quasi nuova. La paura che la mia schiena faccia male.

Devo tenere lo zaino il più leggero possibile. Chissà se riesco a stare nei cinque chili. Non credo.

La voglia di doccia dopo la polvere delle strade. La curiosità di conoscere chi incontrerò. La voglia di relazioni schiette. Sincere.

Senza maschere. Essendo quello che si è. La voglia di sorrisi di vita. Che hanno dentro il sole. La bellezza di poter fare due mesi di vacanza. Quando il resto del mondo lavora. So di essere fortunata. La voglia di cambiare ritmo. Di vivere a ritmo di passo. Di muovermi calma. Senza fretta. Senza nulla da fare, se non camminare. E vivere. Il timore della prima tappa. Attraversamento dei Pirenei. Da Saint-Jean-Pie-de-Port a Roncisvalle. 28 chilometri. 1.200 metri di dislivello. Esserci dentro sarà bello. Averli alle spalle vorrà dire tanto.

Una conchiglia. È il simbolo dei pellegrini. Quella che da secoli è il simbolo dei pellegrini viene dall’oceano. Anche io la prenderò lì. Camminando terrò sullo zaino una conchiglia dell’oceano africano. Darà continuità ai viaggi. E permetterà di non dimenticare.

La credencial. Quella italiana, se faccio in tempo a recuperarla. Dicono che sia più bella di quella spagnola. Caterina e Chiara, dentro il cuore. Cresceranno tanto, in questo mese e mezzo. Chiara imparerà a camminare. Caterina chissà. Le porterò con me. Sono loro la nostra speranza. Sono loro il nostro futuro. Il futuro e la speranza del nostro mondo. 7 mollette. 3 spille da balia. 1 pezzo di corda.

La consapevolezza della partenza tra meno di una settimana. Il sogno lungo cinque anni che tra 10 giorni diventa realtà fa paura.

Un rosario. Penserò all’Africa, da dove viene. I due bastoncini da montagna. Hanno dentro meno fascino dell’antico bordon del pellegrino. Ma le mie ginocchia ringrazieranno. A loro importa poco del fascino della tradizione. Tre elastici per capelli. Il burro cacao. Un marsupio. Tre bustine di bagnoschiuma profumato.Sarà bello, alla fine di tre tappe significative, particolarmente belle o troppo difficili, concedersi una doccia che profumi di buono. Non solo di pulito.

Ognuno di voi. I ricordi di una vita mi terranno compagnia nei nuovi passi sulla strada.

 

7 giugno 2007

Santiago

 

Arrivata. Arrivata. Facciamo che ci provo. Facciamo che ci provo, a trovare le parole per raccontarvi. Non so cose ne verrà fuori.

Non so neanche bene cosa ho dentro. È bello. Bellissimo. E io sono felice. Felice dentro. Dentro gli occhi. Dentro il cuore. Dentro i piedi. Sono felice. Non c'è altro. Un'ora fa ero sdraiata in mezzo alla piazza. Davanti alla cattedrale. Vento caldo su di me. Profilo della pietra contro il cielo azzurro. Sole. Io non volevo nient'altro. Solo stare lì. Solo rimanere lì sdraiata. Senza pensare niente. Senza fare niente.  Solo guardare. Ascoltare. Sorridere. Vivere. Gioire. Condividere. Essere. Provo a raccontare. Svegliarsi nella notte.

Camminare nel buio che se ne va. Sotto l'ultima luna del cielo. Camminare nel chiaro di un giorno che inizia. Camminare nel profumo di eucalipti. Camminare sotto le nuvole color dell'alba. Camminare. Per arrivare. Stavolta. Ed è bellissimo.

È bella la sensazione di un sogno che diventa vero. Bellissima la sensazione di un sogno che era sogno, e che ora è vita.
Meravigliosa vita. Camminare per arrivare. E arrivare. I passi veloci nonostante la stanchezza.

Nessuno di noi sente gli 800 chilometri nelle gambe. Semplicemente voliamo. In silenzio. Ridendo. Parlando. Voliamo. Santiago chiama. Santiago aspetta. Santiago è lì. E noi ci stiamo arrivando. Arrivare in città. La nebbia che c'è.

Le torri della cattedrale che da lontano non si vedono. Noi veloci. Dentro una giornata che per tanti è normale.

E per noi. Per noi è speciale. Unica. Bellissima. Arrivare. Il lato della cattedrale. Gli ultimi gradini.

Ancora una volta. Gli ultimi gradini. La piazza. Non ci sono parole. Non ci sono sguardi. Un attimo di silenzio enorme.
Io aggrappata al mio bastone. Rimango aggrappata a lungo. Incapace di altro. Con nel cuore solo un'idea.

Ho camminato 800 km  per questo momento. Ho sognato anni, per questo momento. E ora ci sono. Pelle d'oca. Rivedere gli altri.

Quelli che mai avresti pensato di rivedere. Quelli che sapevi ci sarebbero stati. Ritrovarsi tutti. Come fratelli. Dentro la stessa strada. Per un mese dentro la stessa vita. E sono abbracci. E lacrime. E parole che non dicono. E occhi che dicono molto di più. Sono zaini.

E bordon lasciati. E corse verso. E grida. E pelle d'oca, ancora. E silenzio. La messa. I nostri zaini appoggiati alle colonne. Tutta la vita che hanno dentro, questi nostri zaini.

Tutti i passi attraverso cui li abbiamo portati. Il canto Laudate Dominum, omnes gentes, laudate Dominum. Che sia lode al Signore. Ancora una volta nella mia vita. Grata.

Che davvero sia lode al Signore. Il Vangelo che leggono. Ama il Signore tuo Dio. E ama il prossimo tuo come te stesso. Questo Vangelo alla fine di questo viaggio. Di questo mio pellegrinare.

Di questo cammino così pieno di Dio e di altri. La preghiera per la pace nel mondo.

Che davvero si possa portare pace. Che il nostro camminare insieme sia anche questo. Passi verso la pace nel mondo.  Stare seduti per terra in cattedrale. A casa con gli altri. A casa con il Signore. I nostri scarponi di polvere. I nostri piedi sporchi dentro sandali di molta strada. Salutare chi parte oggi.

Saluti veloci perché non facciamo troppo male. Rileggere lettere portate dall'Italia.

Piedi nudi sulla piazza. Sdraiata di fronte alla cattedrale il sole batte sulla spalla destra.

Di solito, in cammino, batteva sempre a sinistra. Siamo arrivati. Stavolta. Davvero. Siamo arrivati. Così. Parole un po' confuse, forse. Ma hanno la vita, dentro. Ho la vita dentro. Vorrei regalarvela. Ve la regalo.

 

8 giugno 2007

Negriera

 

Arrivo. Riparto. Ancora una volta. Ancora una mattina gli stessi gesti di sempre. Ancora una mattina a rimettere vestiti dentro  sacchetti di plastica e infilarli nello zaino. Spalmare piedi. Allacciare scarponi seduta per terra. Rimettere lo zaino sulle spalle.

Arrivo. Riparto. Dentro ho tutto ieri. Tutti gli 800 chilometri. Tutti questi giorni. Dentro il cuore, negli occhi, nella testa ho dentro confusione, amore, gioia, pace, bellezza. Dentro, nei nuovi passi di stamattina, c'è anche la sensazione bella e strana che ci stiamo allontanando. Santiago alle nostre spalle. La nostra meta dietro di noi. La mia meta dietro di me. E noi. E io. Ancora avanti. Ancora camminiamo. È strano. Ma va bene così. Ho dentro voglia di mare. Ho voglia di Finisterre. Della fine del mondo.

Ho voglia di questi 100 chilometri ancora. Ho voglia di questi passi. Saranno per me. Ho bisogno di tempo. Di tempo per capire. Rendermi conto. Fare mio. Rendere chiaro. Ho voglia di ore infinite nella luce del mare. Del suo silenzio. Della sua musica. Ho voglia della sua profondità davanti a me. Della sua infinita potenzialità. Ho voglia di stare seduta sulla terra e guardare verso. Ho voglia di riguardare rileggere rivivere rimettere il cuore dentro questo mio viaggio. Dentro questi miei passi.

Ho voglia di mare, dopo tutta questa terra. Ho voglia di mare, prima di tornare a casa.

 

 

11 giugno 2007

Di ieri, di Finisterre

 

Sono a Santiago, ora. Di nuovo. Arrivate due ore fa in pullman da Finisterre. È strano. È strano essere di nuovo a Santiago. Esserci da sola. Senza quelli che nelle scorse settimane erano i miei hermani pellegrini, fratelli, amici, famiglia. Ma va bene. È il cammino. È la vita. Domani pullman verso Valladolid. Mercoledì volo per Orio. Da mercoledì sera nella mia vita di sempre. Ho voglia. Ora ho voglia. Ho voglia di voi. Dei miei giorni di sempre. Ho voglia di camminare, ancora, e di nuovo, nella mia vita.
Vi racconto. I chilometri verso l'oceano. Camminare nella nebbia.

L'odore umido che c'è nell'aria. De Gregori ascoltato appoggiata al muro di pietra. Sole ancora caldo nella sera che appena inizia. L'ultima mattina. La sensazione strana che ho addosso.

L'idea di cominciare a camminare verso la fine del mondo. Vedere il mare lontano, dopo tutti questi chilometri. Dopo tutta questa strada. Dopo tutti questi passi. Dopo tutta questa vita. Vederlo.

Vederlo lontano. E possibile. Avvicinarsi. Avvicinarsi lenti, al passo di sempre. Essere nel punto in cui si riconosce la schiuma del mare sulle onde. Riempirsi gli occhi di blu e di vento. Gabbiani in cielo.

Fuliggine di un bosco bruciato sulle nostre  gambe. Su una discesa asfaltata un albero di limoni. 

Panni volano nel vento di un cielo grigio di nuvole. Il primo respiro di aria di mare. L'aria di mare che si appiccica addosso.

La senti sulla pelle. Sulle labbra. Il giallo di un prato in fiore. Alberi. Mare. Un gabbiano vola alto.

Il tintinnio allegro e dolce dei nostri bicchieri davanti al mare. Vino bianco freddo nel sole per festeggiare. Siamo arrivati.

Ancora una volta. Siamo arrivati. Ne è valsa la pena. Davvero. Ne è valsa la pena.

"It's the end of the world, as we know it, and I feel fine". Nero di alberi bruciati tra l'azzurro del cielo e il blu del mare.

Ombre di gabbiani e nuvole sulla spiaggia. Passano veloci. Noi guardiamo questa immensità senza parole. Non ne abbiamo.

Non ne abbiamo per dirci quello che siamo. Quello che abbiamo dentro.

Arrivare li. Alla fine del mondo. Arrivare li. Dove proprio non si riesce più ad andare avanti. Dove non c'è più strada, sentiero, posto per un possibile passo. C'è solo mare basso. Si potrebbe andare un po' a sinistra. Due passi ancora. Ma sarebbe imbrogliare. Fermarsi in quel punto, meta precisa, sognata, ma difficile. Fermarsi li. Sedersi. Stare seduti li. Il mare davanti. L'oceano.  Davanti altri mondi. Altre vite. Nuovi sogni. Nuove speranze. Nebbia che copre tutto. Nessun tramonto. Oltre, da qualche parte, il sole. Da qualche parte. Stare seduti li. Lacrime e gocce di pioggia si mischiano sulla mia pelle.

Sale e vento bruciano addosso. Stare seduta li. Non riuscire ad alzarsi. Non trovare la forza. Non trovare la forza per alzarsi da davanti all'oceano, dargli le spalle e fare il primo passo indietro. Fare il primo passo verso est. Dopo 900 chilometri di passi verso ovest.

Fare il primo passo indietro. Verso est. Verso casa. Verso la mia vita di sempre. Fare il primo passo. Fatto. Fatto. Sto tornando. Torno. Vi abbraccio. Abbracciatemi. E poi ancora. La luce calda del mattino a Finisterre. Illumina di brevi raggi le case dei pescatori. Io sono seduta nel vento. Sotto di me un oceano urla di vita sugli scogli. Le orme dei nostri piedi sulla sabbia bagnata. Come sono belli, i nostri piedi. Come sono pieni di vita. Sono stati bravi. Davvero. Sono stati bravi. Bravi piedini. Mi avete portato lontano. Matthias corre incontro al sole. Gabbiani davanti a lui volano via nel cielo. La sabbia del mare scorre via sotto i piedi. Cercare conchiglie. Godersi la bellezza dell'acqua sulle gambe.
Cercare di spiegare in tedesco la bellezza e lo stupore per quel punto infinito e minuscolo in cui un'onda si rompe a riva. Perde un po' di  poesia. Salire sul pullman. Salutare. Ancora una volta. Che sia un buen cammino, hermani pellegrini. Che sia un buen camino. Occhi lucidi. Andarsene. Sabbia nella tasca dei pantaloni. Due conchiglie perfette e preziose nelle mani.

Dentro la testa stanchezza. Confusione. Stupore. Felicità. Vita. Amore.